Sindrome da conflitto/dolore subacromiale

Il dolore alla spalla è un problema molto frequente, con una prevalenza che può arrivare al 27% nella popolazione generale e fino al 66% in chi pratica attività che implicano il sollevamento del braccio sopra la testa.

Nel corso degli anni sono state attribuite numerose classificazioni diagnostiche alle più frequenti condizioni tendinee della spalla, come “periartrite scapolo-omerale” e “sindrome da conflitto subacromiale” (o “impingement” in inglese).

Secondo questo modello, vi sarebbe una sorta di “intrappolamento” o “conflitto” tra i tendini dei muscoli della cuffia dei rotatori e le strutture articolari della spalla. Tuttavia, anche se purtroppo sono ancora utilizzate, queste classificazioni sono obsolete ed hanno fallito nel descrivere l’eziologia di questa condizione.

A questo proposito, degli studi recenti hanno invece dimostrato che non vi è un nesso tra l’ampiezza dello spazio subacromiale nella spalla e la presenza di dolore. Sempre a proposito di questo aspetto, si sono in effetti osservati risultati similari tra chirurgia simulata/placebo (solo inserimento artroscopio) e decompressione chirurgica subacromiale. Per questo motivo la classificazione diagnostica piu’ recente e’: SAPS o “Sindrome da dolore subacromiale”, oppure anche “Dolore alla spalla da cuffia dei rotatori”.

Questi risultati implicano un piano di trattamento che non dovrebbe avere come obiettivo quello di aumentare lo spazio articolare, bensì dovrebbe principalmente migliorare mobilità e funzione della spalla nel suo complesso, oltre che nei rapporti della spalla con il rachide cervicale e dorsale. Va inoltre considerata l’importanza dei fattori psicosociali (stress, paura che il movimento sia deleterio, sedentarietà etc.).

Linee guida per il trattamento:

  • Fase acuta: astensione dalle attivita’ aggravanti, gestione medico/farmacologica (antinfiammatori per via iniettiva o orale).
  • Fase subacuta: esercizio terapeutico specifico, terapia manuale, terapia con onde d’urto.

Per quanto riguarda invece l’approccio chirurgico, ad oggi non vi sono chiare evidenze che questo sia più efficace del trattamento conservativo in questa condizione. Per questo motivo, attualmente non viene più raccomandato, ma può essere valutato in alcuni casi limitati, ovvero in assenza di beneficio del trattamento conservativo.

 

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