Mal di schiena, sciatalgia, dolore cervicale e cervicobrachialgia sono condizioni molto diffuse nella popolazione generale. Infatti si stima che circa l’80% delle persone avrà almeno un episodio di mal di schiena nel corso della vita.
Nella maggior parte dei casi, queste condizioni regrediscono spontaneamente (oltre il 60% dei casi di ernia lombare) o con trattamento conservativo in un periodo che varia da alcuni giorni sino ad 1 anno a seconda dell’entità, anche nel caso di condizioni come radicolopatie (sciatica) associate a protrusioni o ernie discali.
In caso di mal di schiena, ad oggi la letteratura scientifica afferma che nella maggior parte dei casi non è possibile determinare con certezza assoluta la causa dei sintomi, che sono infatti di natura biopsicosociale e non solo strutturale. Per questo le definizioni diagnostiche attuali per il mal di schiena è infatti: “Mal di schiena meccanico non specifico, con o senza radicolopatia”.
Queste definizioni includono anche la degenerazione discale o altre condizioni articolari vertebrali. Inoltre, dati di letteratura scientifica misurati tramite risonanza magnetica, indicano che nelle persone senza alcun dolore lombare, la degenerazione discale varia dal 37% a 20 anni fino al 96% a 80 anni, mentre la degenerazione articolare (artrosi) è presente dal 4% a 20 anni sino all’ 83% ad 80 anni. In una percentuale rilevante di casi, sono quindi fisiologici processi fisiologici legati all’invecchiamento non correlabili direttamente con il dolore lombare.
Ciò nonostante, l’aumento dell’utilizzo della risonanza magnetica e TAC
nella valutazione del mal di schiena è diventato molto comune negli ultimi
anni, rilevando anomalie come protrusioni ed ernie discali che sono spesso
interpretati come causa primaria del dolore lombare, conducendo ad interventi
medici e chirurgici.

Oltre a questi dati, studi longitudinali su un periodo di 10 anni hanno dimostrato che le alterazioni strutturali rilevate tramite risonanza magnetica sono solo parzialmente correlabili con episodi di mal di schiena, ne tantomeno possono predire futuri episodi.
Ne consegue che nella maggior parte dei casi, la risonanza magnetica non è un’indagine utile a determinare con certezza la causa del dolore lombare. Inoltre, è stato dimostrato che le persone con mal di schiena o dolore cervicale che si sottopongono a risonanza magnetica hanno un decorso peggiore, con un forte effetto iatrogeno dovuto a catastrofizzazione con conseguente aggravamento dei sintomi.
Nonostante questi dati dimostrino la scarsa correlazione tra rilevazioni tramite risonanza magnetica e sintomi oltre che un decorso peggiore, alcuni studi indicano che oltre il 40% delle persone con mal di schiena si sottopone a radiografie, risonanza magnetica o TAC. Questi processi sono ben noti alla comunità medico-scientifica come “eccesso di diagnosi”, con costi maggiori e peggiori risultati.
In questo caso il problema sorge quando condizioni di natura biopsicosociale come il comune mal di schiena o dolore cervicale non specifico, vengono correlate ai fisiologici processi di invecchiamento rilevabili tramite risonanza magnetica.
Questo può portare la persona ad aver paura di muoversi e catastrofizzare, fattore che è inoltre collegato ad un linguaggio “negativo” da parte del medico o del professionista sanitario che formula la diagnosi e che influenza negativamente sintomi e decorso (effetto nocebo), portando in alcuni casi alla cronicizzazione.
Un altro studio dello stesso autore, riporta in effetti la presenza di una percentuale maggiore di alcuni tipi anomalie radiologiche vertebrali tra i soggetti con dolore lombare di età pari o inferiore a 50 anni. Le alterazioni per cui è stata rilevata un’associazione con il dolore lombare sono la protrusione, ernia e degenerazione discale, alterazione Modic di tipo 1 e spondilolisi. Tuttavia, secondo lo stesso autore dello studio, l’associazione tra queste anomalie ed il dolore lombare non dovrebbe essere interpretata come causalità.

In tutti i casi di dolore lombare, l’attività fisica ed il movimento risultano essere il trattamento più efficace, che come dimostrato dalla ricerca nella maggior parte dei casi non necessita inoltre di esami di diagnostica per immagini come radiografie, risonanza magnetica o TAC. Infatti, questi esami oltre a non essere utili a formulare una diagnosi se non in casi limitati, peggiorano il decorso clinico.
Di conseguenza, la risonanza magnetica o altri esami di diagnostica per immagini dovrebbero essere considerate soltanto nei casi in cui si sospetta un mal di schiena “specifico”, ovvero in caso di sospetto di tumore, osteoporosi, frattura, condizioni reumatologiche o infiammatorie, sindrome della cauda equina, nel caso di sintomi neurologici ingravescenti, o su indicazione del medico specialista.

In conclusione, in caso di mal di schiena e nel dolore cervicale non sempre vale la massima “di più è meglio”, per questo motivo la risonanza magnetica non è indicata se non in casi specifici e limitati. In tutti gli altri casi ovvero la maggioranza dei casi di dolore lombare con o senza radicolopatia, il movimento, l’esercizio fisico e un percorso riabilitativo sono parte della soluzione.
Contattaci per maggiori informazioni, parlane con il tuo medico e con il tuo fisioterapista e mantieni sempre uno stile di vita sano e attivo.

Articolo di Stefano Braico , Fisioterapista, Osteopata, Chiroterapeuta con Laurea Magistrale ed esperienza professionale ed accademica in Italia, Spagna e Regno Unito. Quando non impegnato professionalmente nella propria clinica, ama l’attività fisica incluso il running, trail running, viaggi e lettura.
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